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Salute

QUASI ANZIANI, ANZIANI, GRANDI ANZIANI…

QUASI ANZIANI, ANZIANI, GRANDI ANZIANI…

di Elena Valentini*

Vivere a lungo è quasi normale oggi.

L’età avanza e noi nemmeno ce ne rendiamo conto.

Ci ritroviamo anziani e lo comprendiamo dal corpo che ci manda precisi segnali.

Ma non sempre è un affare invecchiare.

La vecchiaia è l’ultimo grande nemico dell’uomo, prima di essere consegnato alle braccia della morte.

È il tempo delle perdite, della solitudine, del senso di inutilità.

Che fare?

Ciò che conta è non arrendersi al nemico, combattere ogni giorno per sconfiggerlo definitivamente e cercare nuovi sguardi con cui esplorare questa esperienza.

Le crisi della vecchiaia, alle quali spesso si accompagna la depressione, risultano meno penose se durante la propria vita si è cercato di comprenderne il senso e di conoscere noi stessi attraverso la nostra storia.

Ma la vecchiaia è in agguato comunque, non sconta nulla.

In questo tempo sono molto utili tutte quelle attività sociali che il volontariato propone: in un gruppo impegnato e che condivide gli stessi valori il cuore si può ancora scaldare e soprattutto non ci si sente né inutili né soli.

Ma forse questo non basta.

A qualcuno viene richiesto di andare oltre il tempo impegnato e di entrare in un tempo che non esiste più, in uno spazio che ormai non rappresenta più la scena del vivere quotidiano; o solo marginalmente.

In questo caso l’anziano ha compreso il senso degli eventi e le conseguenze che hanno portato nella sua vita interiore nella quale predilige stare; in quello spazio dentro di sé si sente nutrito e superare le perdite diventa meno drammatico.

E lì, in quello spazio che sembra essere vuoto e nel quale stare è la condizione, sente emergere se stesso, rinnovato, più autentico, più creativo e meno dipendente.

C’è anche smarrimento talvolta, ma adagio adagio si impara a starci.

Questo è lo spazio dell’eroe che ha vissuto, ha combattuto i propri demoni e ha imparato ad amarsi e ad amare; il suo cuore è compassionevole e leggero.

Ecco in questa condizione l’anziano è un bene prezioso per l’Umanità.

Ha percorso il suo viaggio ed ora può indicare la strada.

Ma c’è un’ultima frustrazione per questo “Grande anziano” ed è generata dalla cultura del mondo attuale, dalla storia che stiamo vivendo.

In questo mondo del fare, l’”essere” non ha alcun valore o meglio, non lo si comprende.

È di nuovo l’anziano che deve comprenderlo rinunciando alla condivisione, tanto preziosa per il nostro essere umani.

L’anziano, ormai saggio, può accettare che questa esperienza non condivisa e vissuta in solitudine, è preziosa per tutti, per se stesso e per gli altri.

L’anziano ha compreso che siamo tutti collegati, siamo una rete di anime che dialogano incessantemente attraverso i nostri sistemi nervosi.

L’equilibrio raggiunto aiuta le persone che gli stanno accanto a ricordare un benessere perso da tempo e il ricordo ha la forza di rimettere in moto un processo orientato al benessere.

Non è facile far partire il processo da soli, anzi è forse impossibile, ma già il sentire la calma e la quiete può ridare speranza e la volontà di cercare un modo per stare meglio.

Ed ecco l’anziano attivatore di processi di benessere.

Ci auguriamo che molti anziani diventino consapevoli della loro forza rinnovata dall’esperienza della vita, oggi più che mai la società ne ha bisogno.

*direttrice e consulente di residenze per anziani

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