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Cultura

VERA LUCE - OTTO - : IL “RISVEGLIO” HA ANCORA INTERESSE PER LA MASSONERIA?

VERA LUCE - OTTO - : IL “RISVEGLIO” HA ANCORA INTERESSE PER LA MASSONERIA?

segue da: La vera Luce - sette -

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Il “risveglio” ha ancora interesse per la Massoneria e per gli scopi che si prefigge? Se la risposta è sì, il primo quesito ne implica un altro: “In che rapporto è l’Io con il Sé?”.

In questa stagione di tradimenti semantici risveglio è diventato woke, ossia ideologia dell’addormentamento tragico di un Occidente al quale vorrebbero strappare le radici.

Il risveglio attiene al suggerimento apollineo “gnoti seauton”, che il grecista Angelo Tonelli opportunamente traduce con “conosci il tuo Sé”.

Non ho la pretesa di rispondere ai quesiti. Mi limito ad avanzare alcune considerazioni che alimentano ulteriori quesiti, in quanto, per usare le parole di Newton in relazione al suo itinerario intellettuale, ogni percorso è come “un gioco di un bambino sulla spiaggia, che si bea nel trovare ogni tanto un sassolino levigato o una conchiglia, mentre il grande oceano della verità giace sconosciuto di fronte a lui”.

La prima questione da affrontare, preliminare ad ogni altra, è: quali scopi si prefigge la Massoneria e se questi siano tali da suscitare ancora interesse per un aspirante al risveglio.

Risveglio che ci conduce dalla razionalità allo sguardo noetico.

Nel 33° Canto del paradiso Dante scrive:

Bernardo m'accennava, e sorridea,
perch' io guardassi suso; ma io era
già per me stesso tal qual ei volea:

ché la mia vista, venendo sincera,
e più e più intrava per lo raggio
de l'alta luce che da sé è vera.

In quel guardar suso finisce il compito della guida, del maestro, poiché, giunto di fronte all’ineffabile, Dante dice di essere ormai dentro alla visione dell’alta luce, che da sé è vera, di non aver più bisogno di altro e che la sua vista è più grande di quanto egli possa raccontare, così come la memoria viene meno a tale atto conoscitivo.

Ora, sulla scorta di questa immagine poetica, che ben rende l’illuminazione, o l’epopteia, alla quale conducevano anche gli antichi riti, si può ben dire che il compito della Massoneria termina laddove termina il ruolo di Bernardo di Chiaravalle.

Lo sguardo noetico, la vista che non ha più maschere ostacolanti (sin-cera), è l’incontro con il Sé, che è goccia di quella alta luce che da sé è vera.

L’incontro è un rapporto personale, indicibile in quanto non esistono parole per comunicarlo.

Dante, tuttavia, dopo che la sua mente “fu percossa da un fulgore in che sua voglia venne”, non si ritira in un solipsistico silenzio meditativo, ma scrive la Divina Commedia, ossia testimonia agli altri non tanto la sua intima visione, che è intrasmissibile, ma il percorso che lo ha portato all’illuminazione.

Qui è la risposta al primo quesito. Colui che ha raggiunto l’incontro, dopo essere divenuto Dante, deve farsi Virgilio (guida), Beatrice (luce beatrice) e Bernardo (deposito sapienziale) e poi ritirarsi, così come facevano i sacerdoti degli antichi riti, che accompagnavano gli iniziati sino alla soglia dell’epopteia.

Sorge la domanda. Chi incontriamo? Cosa percepisce lo sguardo noetico? La conoscenza del nostro Sé che ci conduce all’incontro, chi incontra? Un creatore che crea dal nulla? Oppure quell’immenso vuoto che non è il nulla, dal quale emanano i mondi?

Oggi, dopo quelle delle confessioni religiose e della metafisica, la fisica ci suggerisce una possibile risposta. Il fisico Guido Tonelli scrive: "Grazie al principio di indeterminazione, che regola la dinamica di questa strana coppia [di particelle, ndr], il vuoto può trasformarsi in un meraviglioso universo materiale. Attenzione perché il vuoto è uno stato materiale come tutti gli altri. Non è il nulla, anche se non contiene alcuna forma di materia, non è attraversato da particelle materiali e non ospita campi di alcun genere. Se, perturbandolo, potessimo misurarne l’energia con una successione di esperimenti, troveremmo una sequenza di valori casuali, distribuiti attorno a zero. Ha energia media nulla e questo significa che, a livello microscopico, passa attraverso una sequenza interminabile di fluttuazioni, piccole oscillazioni casuali, regolate dal principio di Heisenberg, che lo fanno brulicare incessantemente. L’insieme delle osservazioni effettuate negli ultimi decenni sembra convergere verso la conclusione, niente affatto scontata, che tutto ha avuto origine proprio da una di queste minuscole fluttuazioni”. [i]

Siamo di fronte ad un linguaggio koanico. Cosa è quella cosa materiale che non ha alcuna forma di materia, che non ospita campi, che ha energia zero? Essendo lo spazio-tempo nato assieme all’energia-materia, cosa è quel “luogo” non luogo dove risiede la dantesca “alta luce che da sé è vera”?

Qui ci sovviene la semantica indoeuropea, che ci narra di Na (acque primordiali), che contengono Ka (luce primordiale), che si manifesta in Eka.

Fluttuazioni che contengono una luce primordiale, che si manifesta in quella luce che conosciamo come insieme di fotoni (campo elettromagnetico), i quali trasportano informazioni e che potrebbe persino essere il costituente della nostra anima, ponte tra il Sé e il corpo, tra il Sé e l’Io?

E allora, quella luce primordiale, quell’«alta luce che da sé è vera», può essere un’infinita “informazione”? E il nostro Sé un nucleo di informazioni? E il nostro sguardo noetico può accedere al vasto oceano delle informazioni che chiamiamo luce primordiale? Luce, non campo elettromagnetico, ma infinita informazione fluttuante che illumina chi guarda con uno sguardo noetico?

In questo senso il risveglio è davvero l’uscire dalla caverna platonica, che a questo punto è il quaternio spazio-tempo/energia-materia, per apprendere che c’è altro e che questo altro va oltre il quaternio spazio-tempo/energia-materia che caratterizza il nostro essere qui e ora, esseri umani, identificati in un Io.

In questo possibile scenario, dove non c’è creazione ex nihilo, ma emanazione, il principio creatore al quale si riferisce la Massoneria, definito Grande Architetto dell’Universo, è un’azione.

Architetto, dal greco architèkton è composto da arché e tèk-ton, artefice, che tiene alla radice taksh, fare, comporre, digrossare, da cui il sanscrito takhsa, legnaiolo, takhs-anam il digrossare, l’ascia e il greco teich, fabbricare, produrre.

Un Grande Architetto è il capo degli artefici o l’artefice per eccellenza.

Arché è particella prepositiva che indica superiorità, eccellenza, ma anche sostantivo greco che significa principio, origine.

Universo deriva da unus e versus, ossia raccolto in una unità: tutto l’emanato.

Il Grande Architetto dell’Universo è pertanto un artefice, un creatore che ha a che fare con l’origine.

Il Prologo del Vangelo di Giovanni, non a caso, è stato adottato dalla Massoneria come riferimento.

Nel Prologo del Vangelo di Giovanni si legge:

"In Arché era il Lógos,

e il Lógos era presso il theon

e il theos era il Lógos.

Egli [il Lógos] era in Arché presso theon:

tutto è stato fatto per mezzo di lui [il Lógos],

e senza di lui [il Lógos] neppure una delle cose create è stata fatta.

In lui [il Lógos] era la vita [zoé, vita naturale universale]

e la vita [zoé] era la luce degli uomini;

la luce risplende fra le tenebre, [σκοτια, buio]

ma le tenebre non l'hanno ricevuta".

Il vocabolo theos deriva dalla sostantivazione del verbo theeîn, correre e del verbo theâsthai, vedere. Pertanto il potere improntante e determinativo dell’arché, ossia il lógos, agisce inducendo un correre verso l’evidenza, ossia un manifestarsi (uscire alla luce), di ciò che è tenebroso, un distendersi ordinato di ciò che è racchiuso e caotico.

E’ del tutto evidente che Il Grande Architetto dell’Universo è l’aspetto attivo e realizzativo dell’Arché, ossia un architetto, un artefice, che manifesta la molteplicità che è raccolto in unità.

L'arché in Parmenide è l'Essere e il fondamento di tutte le cose. In Aristotele l'arché consiste nell'essere origine e fondamento per l'Essere, il divenire e il conoscere.

Anassimandro chiama l'arché apeiron, l'illimitato, l'imperituro, l'indistruttibile, l'inesauribile e la definisce anche theion, divino. L'apeiron di Anassimandro, scrive Eugen Fink è "il theion inteso come phýsis, la natura onnipresente, sempre assente, inesauribile, che racchiude in sé morte e vita, che genera e annienta….". [ii]

L'apeiron di Anassimandro è l'abisso che fa uscire tutte le cose.

Arché, femminile in greco, deriva dalla radice indoeuropea *ark, che ha il significato di contenere, trattenere. *Ark è scrigno, arca.

Arché è, dunque, un illimitato abisso, chiuso e silenzioso, fondamento di tutte le cose (ta panta) ed è phýsis che, secondo Aristotele, è l'uno originario, che è sempre, che permane e che è imperituro. La phýsis è l'arché di tutte le cose, divina, creatrice.

In Anassimandro, come spiega Eugen Fink, la phýsis "è il fondamento non cosale di tutte le cose percepibile nel pensiero, fondamento che permane imperituro in tutto il loro trapassare. La phýsis stessa non appare; è l'ente ad apparire, ma tutto ciò che appare viene fuori dal grembo della phýsis e in esso ritorna". [iii]

La phýsis, in Eraclito, è l'eterna madre immutabile, il fondamento materno del mondo da cui erompe la luce che assegna alle cose (ta panta) la visibilità; è il grembo che tutto partorisce, è la Dea Madre.

La phýsis è l'Essere come origine. La phýsis è l'inapparente, il velato, la profondità dell'Essere chiuso in sé. "La natura – scrive Eraclito – ama velarsi".

L'arché è dunque phýsis, fondamento, abisso, grembo partoriente da cui erompe la luce come sophon, l'uno sapiente, la ragione del mondo di cui scrive Eraclito.

L’arché, che è la phýsis, può essere il vuoto quantico delle infinite possibilità e di infinita informazione che fluttua? E il lógos può essere come l’indoeuropeo Ka, che è racchiuso in Na ed è anche Eka, luce evidente?

Se è così esiste una relazione tra Ka e Eka, ossia tra il lógos che risiede in arché e il lógos che ne è l’azione, così come tra l’informazione fluttuante nel vuoto quantico (l’alta luce che da sé è vera) e il campo elettromagnetico.

Il sophon è l'aperto, "il chiarore della comprensione in cui unità, totalità ed Essere appaiono diradati nel loro rapporto reciproco". [iv]

Il sophon è l'aletheia dell'Essere e in Eraclito è il saphes, il chiarore della luce (dell'alta luce che da sé è vera): fuoco semprevivente. Fuoco cosmico, che assegna alle cose la visibilità del loro aspetto; è il fulmine che nel frammento 64 Eraclito indica come la potenza che governa tutte le cose nel loro insieme (ta panta).

L'ordine simbolico del fuoco è quello cosmologico del lógos, ossia del sophon: ragione che attraversa il cosmo e custodisce la vicenda dell'apparire.

Il lógos in Eraclito "è l'articolazione ontologica che attraversa l'aperto, il principio strutturale del sophon…; è la forza improntante e disponente"[v], che impronta e dispone le cose.

Il Prologo evidenzia il reciproco rapporto tra l'origine (archè, phýsis) e il lógos come luce che evidenzia tutte le cose che sono nell'origine e le impronta, le ordina, dà loro visibilità.

L'origine, arché, phýsis, è un principio del quale il sophon è l'aspetto ordinante e, in quanto lógos, improntante e custodente in un continuo avvicendarsi di krisis, separazione, e di krasis, mescolanza: due vocaboli la cui radice *kr è anche quella di creare, ossia di fare.

Rimanendo nello schema Na Ka, dove Eka è la manifestazione di Ka, possiamo pensare che il campo elettromagnetico, la luce che opera nel quaternio energia-materia / spazio- tempo, sia il corpo di luce con il quale quel nucleo (grumo) informativo che è l’essere umano viene al mondo?

L’interazione elettromagnetica è responsabile della struttura atomica e molecolare della materia e il fotone è il mediatore dell’interazione; è il portatore della forza elettromagnetica e non ha massa.

E’ interessante notare che l’angelologia descrive gli angeli come “fasci di luce” e che Hillman scrive del regno dell’anima come di un regno immaginale, ossia delle immagini e le immagini sono fotogrammi, scritture di luce.

I mistici descrivono gli angeli (messaggeri) come “uno sprazzo di luce, raggi di luce fortissima, la luce che riflette quella di Dio”.[vi]

Dante entra con lo sguardo noetico “per lo raggio de l’alta luce che da sé è vera”.

Hillman scrive della sede dell’anima come di un “mondo fatto di immaginazione, passione, fantasia, riflessione, né fisico né materiale, né spirituale e astratto, e tuttavia legato agli altri due. La psiche, avendo un regno suo, ha anche una sua logica, la psicologia, che non è né una scienza di cose fisiche, né una metafisica di cose spirituali”. [vii]

Interessante, a questo punto, considerare quanto scrive Guido Tonelli riferendosi ai fotoni: “Poiché nessun mediatore può portare meno energia di quella equivalente alla sua massa, ecco che si stabilisce una relazione fra il raggio d’azione di una particolare interazione e la massa del mediatore. Per l’interazione elettromagnetica le cose sono semplici. Il fotone ha massa nulla, quindi il suo raggio d’azione è infinito”. [viii]

E’ interesse della Massoneria, ripeto, essere propositrice di un percorso che porta al “risveglio” e che, attraverso l’opera delle guide, della luce beatrice, ossia dell’anima (della consapevolezza del proprio corpo di luce), e del deposito sapienziale che è la Tradizione, conduce alla piena conoscenza del proprio Sé?

Se questo è l’interesse, allora la Massoneria ha un compito epocale: combattere il falso risveglio, riportare l’essere umano a guardare la realtà senza veli, con lo sguardo naturale, con quello psicologico (dell’anima) e con quello noetico.

segue

 

[i] Guido Tonelli, Tempo, Il sogno di uccidere Chrónos, Feltrinelli

[ii] Eugen Fink, Le domande fondamentali della filosofia, Donzelli editore

[iii] Martin Heidegger, Eugen Fink, Eraclito, Laterza

[iv] Martin Heidegger, Eugen Fink, Eraclito, Laterza

[v] Martin Heidegger, Eugen Fink, Eraclito, Laterza

[vi] Don Enzo Lavatori, professore di Teologia dogmatica – Pontificia università urbaniana – In tervista aLa Verità del 19/3/2024

[vii] Hillman, Psicologia archetipica, Treccani

[viii] Guido Tonelli, Tempo, Il sogno di uccidere Chrónos, Feltrinelli

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