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Salute

ABBANDONARE LE RSA, LA VECCHIAIA NON E' UNA MALATTIA

ABBANDONARE LE RSA, LA VECCHIAIA NON E' UNA MALATTIA

di Matteo Notarangelo*

Le Case di Riposo e le Residenze Sanitarie Assistite possono essere superate. A Monte Sant’Angelo, in provincia di Foggia, c’è chi cerca di dissacrare i santuari dell’istituzione totale, accogliendo gli anziani in appartamenti supportati.

La reclusione in istituti di tanti anziani fragili si può fermare. Non può persistere la pratica di imprigionare milioni di anziani. Il silenzio che avvolge la vita di chi è fisicamente fragile non giustifica la distorta assistenza degli anziani, delegata a prigioni medicalizzate e consegnata, con lauti guadagni, all'imprenditoria mercantile privata. Le Rsa e le Case di Riposo sono nuovi manicomi, che non migliorano l'esistenza di donne e di uomini, ammassati in anguste stanze spersonalizzate. Questi orrendi luoghi si possono e si devono superare, perché non si possono riformare.

Superare le RSA

È possibile gestire la fragilità della popolazione anziana a domicilio, nella loro abitazione. 

L'anziano fragile può vivere nel proprio contesto di riferimento, anche se si manifestano nuovi bisogni fisici.

In mancanza di un adeguato  supporto da parte delle reti informali ed istituzionali e in presenza di  problematiche abitative, si possono costruire altre idonee soluzioni. L'umanità agli anziani può essere restituita, inventando una sana domiciliarità e  promuovendo un dignitoso abitare leggero. Le nuove forme dell’abitare leggero possono diventare propulsori di una nuova civiltà, luoghi di una sana e solidale relazionalita' tra gente che sceglie di continuare  vivere in solitudine o in compagnia, comunque in libertà.

Non vogliono l'anziano a casa

Questi nuovi modi di abitare sono possibili.

Lasciare l'anziano fragile nella propria casa è semplice. Basta poco. L'abitazione dell'anziano richiede sostegni economici mirati per modifiche strutturali.

Tanto non è possibile.

Lo Stato preferisce pagare corpose rette mensile ai tanti anziani, internati contro la loro volontà, ma non contribuire a costruire una nuova visione assistenziale. 

Liberare tanti anziani dall'angoscia del futuro sarebbe semplice.

La maggior parte di loro ha la proprietà della casa. Adeguare gli spazi ai nuovi bisogni dei proprietari può favorire la loro cura e il loro mantenimento a domicilio, inclusi quelli fragili e non autosufficienti. Ma in questo tempo, non ci sono enti pubblici che operino con queste finalità sociali.

Gli anziani abbandonano la propria casa per diversi elementi di criticità, legati ai redditi pensionistici bassi e alle  mutate  condizioni di salute della persona, che limitano la sua autonomia.

Per il fragile anziano affrontare spese impreviste, oppure legate alla manutenzione della casa e all’adattamento degli spazi domestici, diventa quasi impossibile. È evidente che non ci sono politiche abitative pubbliche in grado di sostenere la riqualificazione, l’accessibilità e la messa in sicurezza di abitazioni. 

Per la rete familiare, lasciare la propria abitazione, anche per le difficoltà nel sostenere costi di manutenzione, diventa un buon motivo per vendere e far cassa.

Le fragilità diverse

In questo scenario, dominano RSA che diventano casermoni stracolmi di anziani paganti.

In questi manicomi disumani, ci sono i "malati" di vecchiaia, ma anche altre fragilità. Le RSA e le Case di Riposo sono abitate da anziani, che vivevano soli o in contesti abitativi con forti problematicità  strutturali. Ma se gli anziani soli, sono in aumento le istituzioni totali, che saranno sempre più grandi e disumane. I dati Istat narrano che il 48,7% delle famiglie con un’unica persona risulta composto da anziani over 65; gli 84 anni, invece, la condizione di «persona sola» interessa il 52,2%  (Istat, 2018).

In Italia, circa il 20% delle famiglie di coppia fra i 65-74 anni hanno figli non ancora usciti dal nucleo genitoriale. Le famiglie che vedono la coabitazione di un anziano con il proprio figlio risulta, oggi, ancora importante. In questo Stato, purtroppo, il mercato delle istituzioni totali è in espansione e orde di mercanti si aggirano nei municipi con tanta gente compiacente, che medicalizzano la "vecchiaia". Nei desolati comuni, c'è tanta "merce" umana da monetarizzare. Ci sono molte coppie di anziani senza figli: di loro, il 48% ha tra i 65 e i 74 anni e il 40% tra i 75 e gli 84 anni;  (Istat, 2018)

Questo fenomeno abitativo sfilacciata le comunità, le strutture familiari e tende a intrecciare le reti di nuovi bisogni assistenziali, sempre più contenitori di solitudini.

RSA negate

C'è una nuova pratica assistenziale: aprire all'assistenza territoriale e alle piccole e agili strutture residenziali di assistenza agli anziani, promuovendo la presa in carico di anziani a domicilio, attraverso interventi di assistenza e sostegno alle famiglie. Le Case di Riposo e le RSA vanno aperte e negate, utilizzando le relative risorse economiche per seri interventi domiciliari, per centri diurni, per gruppi-appartamento, comunità alloggio, sostegno ai caregiver e formazione di operatori qualificati. I limiti di utilizzo delle Rsa nel coprire i bisogni di anziani fragili -che richiedono sostegno abitativo e interventi sulla vita indipendente o assistita- sono evidenti e  non si possono modificare.

Soluzioni alle RSA

Le nuove soluzioni abitative per anziani fragili che non presentano una condizione grave - certo hanno bisogno di supporto e di assistenza - non sono la medicalizzazione e l’isolamento .

Ragione per cui, la residenzialità leggera si colloca fra l’inserimento in struttura e la permanenza a domicilio e si articolano  in due modelli di intervento. Da un lato, si possono realizzare piccole (8 - 10 ospiti) strutture comunitarie di sostegno alla vita assistita; dall’altro lato, le soluzioni abitative di sostegno alla vita indipendente con l’offerta e la presa in carico di anziani a domicilio attraverso interventi di assistenza economica e sociosanitaria della famiglie accogliente o delle équipe che se ne fa carico.

L’esperienza, tuttavia, mostra anche una serie di criticità. Una pratica di produzione clientelare, che rimanda, in particolare, il trattamento all'assistenza domiciliare integrata delle USL, poi gestita da cacicchi locali con il fine di "regalare" il lavoro agli amici degli amici.

In questo tempo storico, sono pochi a dire che questi servizi per anziani territoriali sono reticoli della residenzialità leggera e si collocano in modo intermedio fra l’inserimento in piccole comunità e la permanenza a domicilio.

I servizi leggeri

I nuovi servizi si articolano in due modelli assistenziali.

Da un lato il modello di strutture organizzate in forma comunitaria di sostegno alla vita; dall’altro lato le soluzioni abitative di sostegno alla vita indipendente.

Più nello specifico, nel primo caso si fa riferimento a strutture comunitarie, comunità alloggio, residenze sociali, che possono prevedere anche unità di accoglienza basate su camere singole, in cui all’anziano, pur vivendo in autonomia, viene comunque garantita assistenza e supporto, sia di tipo socio-assistenziale, che di tipo sanitario, attraverso operatori professionali con copertura 24 ore su 24. Nel secondo caso, invece, si tratta principalmente di soluzioni abitative autonome, integrate tuttavia in contesti comunitari con condivisione di spazi e servizi comuni, cucina, lavanderia, sale hobby, giardini, portineria, nonché di altri interventi a bassa intensità: gestione dell’appartamento, spesa, mobilità.

Queste soluzioni offrono, un’alternativa concreta al vivere soli e può essere un'opportunità per gestire  i costi legati all’abitare

Gli anziani possono vivere liberi
La mancanza di politiche statali innovative, la pratica di prendersi cura degli anziani, purtroppo, vengono attuate in poche realtà locali.

E' risaputo che  i Comuni, le Regioni e lo Stato non operano per liberare gli anziani dalle Case di Riposo e dalle Rsa.

La inappropriata assistenza data agli anziani favorisce i guadagni dei privati, che ottimizzano il profitto a scapito della qualità.

I servizi di assistenza domiciliare, gestiti dai comuni, potrebbero  costituire una leva strategica per permettere il permanere dell’anziano nel proprio contesto di vita, ma, spesso, agevola la loro istitizionalizzazione a causa delle inopportune politiche clientelari. Nonostante la recente riforma dei servizi sociali e l'istituzione dei Piani Sociali di Zona,  il processo di internamento degli anziani è cresciuto.

A gestirlo, dicevo, è un privato mercantile, molto vicino alle forze politiche

ministeriali. 

La politica sociale nazionale è chiara ed è contro le fragilità sociali.

Il Fondo nazionale per le politiche sociali e, in particolare, quello per le non autosufficienze ha ridotto gli aiuti forniti dagli enti territoriali alle aree sociali marginali. Ha reso impossibile l'assistenza domiciliare dell'anziano fragile, innalzando il  livello di gravità richiesto per l’accesso ai servizi. Poi, invocando la crisi neoliberista, in diversi Comuni hanno ridotto la copertura oraria, l’intensità assistenziale garantita a domicilio e l'incremento delle quote di compartecipazione al costo del servizio domiciliare a carico degli anziani, che ne facessero richiesta.

Si capisce che con queste scelte politiche territoriali hanno favorito lo sviluppo del mercato privato mercantile dei servizi e l'internamento di tanti anziani fragili. 

L'assistenza domiciliare integrata alle persone fragili, gestita dalle ASL, anche se meno evidente, ha seguito lo stesso indirizzo politico.

Le Asl continuano a garantire  prestazioni mediche, riabilitative ed infermieristiche per una copertura oraria limitata. 

Ancora oggi, questa organizzazione sociosanitaria è il modo per rendere difficile il prendersi cura dell'anziano fragile da parte dei familiari. 

*Sociologo e counselor professionale

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