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Opinioni

QUALI RISORSE PER UN'ALTRA GUERRA

QUALI RISORSE PER UN'ALTRA GUERRA

di Francesco Pontelli

L'escalation delle tensioni internazionali ha introdotto il concetto di "economia di guerra" nel lessico istituzionale, all’interno del quale cambiano radicalmente le priorità di spesa dei governi, le quali si orientano ovviamente a favore degli rafforzamento degli arsenali ed aggiornamento degli armamenti uniti al  mantenimento dell'esercito come  principali settori da finanziare attraverso le spesa pubblica. 

All'interno del contesto attuale questo tipo di economia e soprattutto le sue difficoltà se ne possono aggiungere altre riferite al rifornimento e all’approvvigionamento delle materie prime, essendo venute meno proprio le filiere energetiche e produttive. 

Tuttavia, la leggerezza con la quale viene introdotto, tanto dai politici quanto dai media, il concetto di una inevitabile metamorfosi della economia attuale ad una ben più complessa da scenario di guerra, non tiene assolutamente in conto della situazione che per i cittadini italiani una  guerra sia decisamente cominciata oltre trent'anni addietro.

Andrebbe ricordato come l'Italia rappresenti ad oggi l'unico paese in Europa che ha visto ridurre il proprio reddito disponibile del - 2,9%, mentre contemporaneamente in Germania lo stesso risulti cresciuto del +33,7 ed in Francia di oltre +31%.

Un andamento così disastroso delle retribuzioni,  confermato anche della ennesima diminuzione del -0,1% nell'ultima rilevazione relativa all'ultimo trimestre 2023, espressione di una sintesi essenzialmente individuabile in due determinati e precisi motivi.

Il primo è rappresentato dalla scelta monetaria, che ha visto affidarsi sempre e solamente per la crescita dei fatturati alla svalutazione competitiva, la quale ha favorito le esportazioni ma non i redditi, come pure la domanda interna e tantomeno gli asset economici.

Il secondo è individuabile nella scellerata strategia di abbandono di ogni politica industriale (definita old economy) negli ultimi trent'anni, a favore di un illusoria visione di economia dei servizi e legata al turismo.

Il principale effetto di questa differenza dell'andamento delle retribuzioni determina, in più, una forbice tra le diverse tariffe e costi, che può raggiungere il +40% a sfavore dell'utenza nazionale italiana. 

A questo scenario già di per sé drammatico, si aggiungano gli  dati relativi alla povertà assoluta, che è cresciuta dello +0,2% nel 2023, raggiungendo la cifra dell'8,5% di famiglie che vivono in assoluta povertà: cioè circa 5,7 milioni di italiani. 

Una crescita che ha come cause aggiuntive probabilmente l'annullamento di determinati ammortizzatori sociali, ma soprattutto l'esplosione dei costi energetici,  i quali con la soppressione delle tariffe del mercato agevolata ed lo scellerato aumento dell'Iva dal 5 al 22% (*), avranno un maggiore costo di 1.700 euro a famiglia.

Questi dati risultano l'espressione di una economia di guerra, all'interno della quale la spesa pubblica quanto il debito pubblico sono stati utilizzati  non certo per rendere fruibili servizi alle fasce di reddito più basse, ma come  sostegno delle diverse riserve elettorali sostenute finanziariamente da ogni governo dei più diversi orientamenti politici. 

Ora, quale sia  l'evoluzione della crisi internazionale, sarebbe opportuno ricordare come L'Italia non abbia

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