Image
Image
Image
Image
Image

Internazionali

LA ROTTURA USA ISRAELE E L’EFFETTO DUNNIG-KRUGER

LA ROTTURA USA ISRAELE E L’EFFETTO DUNNIG-KRUGER

Gli Stati Uniti si sono astenuti su una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che chiede un “cessate il fuoco immediato”, evitando di emettere il veto e ottenendo così due risultati negativi in un colpo solo.

I due risultati negativi sono la rottura dell’amministrazione Biden con Israele e la messa in chiaro che l’Onu è ormai un ente inutile. Non a caso Israele andrà avanti per la sua strada.

Scrive in proposito The Times of Israel: “Comunque l’amministrazione Biden scelga di interpretarla, il non veto costituisce evidentemente un ulteriore significativo deterioramento dei suoi logori legami con la coalizione del primo ministro Benjamin Netanyahu, ma con conseguenze per l’intera nazione”.

La prima conseguenza del non veto è che Israele sta richiamando la sua squadra negoziale dal Qatar, dopo che Hamas ha rifiutato la sua ultima offerta nei colloqui per un accordo sugli ostaggi e una tregua.

In una dichiarazione, l'ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu ha affermato che la decisione di Hamas di respingere un compromesso mediato dagli Stati Uniti è "una prova evidente che non è interessato a continuare i colloqui e una triste testimonianza del danno causato dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite".  “Israele - aggiunge la dichiarazione - non cederà alle richieste deliranti di Hamas”.

Un funzionario diplomatico citato dai media in lingua ebraica afferma che Hamas ha chiesto che agli abitanti di Gaza fosse data carta bianca per tornare nel nord della Striscia e non ha nemmeno affrontato il problema del rilascio degli ostaggi. "Dall'altra parte - ha detto il funzionario - non c'è nessuno con cui parlare e la squadra negoziale israeliana non ha nulla da fare in Qatar".

Veniamo alla cronaca. Gli Stati Uniti si sono astenuti su una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che chiede un “cessate il fuoco immediato” per celebrare la festa musulmana del Ramadan. I restanti 14 membri del consiglio hanno votato a favore della risoluzione, che quindi è approvata.

Washington era stata precedentemente contraria alla parola “cessate il fuoco” in relazione alla guerra durata quasi sei mesi nella Striscia di Gaza e aveva usato il suo potere di veto per bloccare precedenti risoluzioni. Sebbene l'attuale risoluzione richieda il rilascio degli ostaggi, non ne fa una condizione per porre fine immediatamente al conflitto. Il rappresentante intersezionale degli Stati Uniti ha affermato che gli Stati Uniti non hanno votato la risoluzione perché non condanna Hamas.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva precedentemente avvertito che un rifiuto da parte degli Stati Uniti di porre il veto alla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite lo avrebbe portato a cancellare la visita del capo del Consiglio di sicurezza nazionale Tzachi Hanegbi e del ministro degli affari strategici Ron Dermer negli Stati Uniti.

La visita è stata programmata in seguito ad un invito americano per ascoltare le alternative all'operazione pianificata e approvata da Israele a Rafah, essenziale, secondo Israele, per sconfiggere Hamas nella guerra di Gaza e per recuperare gli oltre 100 ostaggi israeliani.

Sulla vicenda, che divide gli Stati Uniti, attualmente in evidente crisi di lucidità in politica estera, è intervenuto anche Donald Trump, affermando che “solamente un pazzo o un idiota non avrebbe risposto come ha fatto Israele al 7/10'', ossia all’attacco di Hamas del 10 di ottobre.

Donald Trump ha rilasciato in merito una lunga intervista esclusiva a Israel ha-Yom, nella quale ha avvertito però che dopo mesi di sanguinosi combattimenti a Gaza, che hanno spinto il territorio palestinese in una gravissima crisi umanitaria, Israele sta perdendo il sostegno internazionale. “Dovete concludere la vostra guerra. Dovete concluderla, portarla a termine”, ha detto l’ex presidente, affermando che le modalità tramite cui Israele ha gestito mediaticamente il conflitto contro Hamas negli ultimi mesi si sono rivelate un “grosso errore”, perché hanno causato un’ondata di sdegno contro Israele: “Penso che Israele abbia compiuto un grosso errore. Avrei voluto chiamare e dire ‘non fatelo’. Queste foto e queste immagini, immagini di bombe sganciate su edifici a Gaza. E’ un ritratto terribile”, ha detto Trump.

Il 9 marzo Biden è arrivato a definire Bibi «più un danno che un aiuto» a Israele e l'invasione di Rafah «una linea rossa», salvo precisare: «Non abbandonerò mai Israele».

Nelle ultime settimane la vicepresidente Kamala Harris è stata usata per dichiarazioni dure su Netanyahu e Rafah.

Esprimendo l’animosità dell’amministrazione nei confronti di Netanyahu e dei suoi partner della coalizione di estrema destra, il vicepresidente Kamala Harris ha osservato due settimane fa che è “importante per noi distinguere o almeno non confondere il governo israeliano con il popolo israeliano”. Si è anche impegnata, tuttavia, a “difendere la sicurezza di Israele e del suo popolo”.

Il voto di lunedì rischia di fare il contrario: diplomaticamente e praticamente, secondo quanto scrivono i giornali israeliani, indebolisce la capacità di Israele di completare lo smantellamento della macchina da guerra di Hamas e incoraggia gli altri nemici di Israele.

Il comportamento dell’amministrazione Biden pare essere inquadrabile nell’effetto Dunnig-Kruger: Il fenomeno per cui la persona incompetente è troppo incompetente per comprendere la propria incompetenza. L'effetto Dunning-Kruger (EDK), per dirla in altro modo, è una distorsione cognitiva nella quale individui poco esperti e poco competenti in un campo tendono a sovrastimare la propria preparazione giudicandola, a torto, superiore alla media.

L’amministrazione Biden sembra rientrare perfettamente nella casistica dell’effetto EDK.

Dalla conferenza di Madrid del 1991 la diplomazia ha cercato mille strade per raggiungere una soluzione duratura per israeliani e palestinesi. Senza contare i mille piani di pace a partire dal voto Onu del 1947 sulla spartizione della Palestina mandataria britannica fra uno stato ebraico e uno arabo.

Gli accordi di Oslo 1993 avevano aperto una fase nuova del confronto, ma nulla ha mai funzionato. 

Va considerato il fatto, non secondario, dell’ambiguità dell’amministrazione Biden e di quella precedente di Obama nei confronti dell’Iran. Ambiguità che ha rovinato i rapporti con gli stati arabi sunniti, poi recuperati da Donald Trump con gli Accordi di Abramo.

Non indifferente l’ambiguità Usa nei rapporti con il Qatar, massimo finanziatore di Hamas e paese ospitante una base strategica degli Stati Uniti. Costruita nel 1996 dal Qatar, la base aerea di Al Udeid, al costo di oltre 1 miliardo di dollari, fu utilizzata per la prima volta alla fine di settembre del 2001, quando l'aeronautica militare Usa ebbe bisogno di posizionare gli aerei per le sue operazioni in Afghanistan.

A gennaio 2024 gli Stati Uniti hanno raggiunto un accordo per estendere la propria presenza militare alla base di Al Udeid in Qatar per altri 10 anni, ha detto a Reuters una fonte vicina alla questione. La base si trova nel deserto a sud-ovest di Doha e ospita la più grande struttura militare americana in Medio Oriente.

Va considerato che Israele, che è dotato di bomba atomica, potrebbe fornire la copertura atomica agli stati arabi sunniti i quali, non a caso, pur protestando per la guerra a Gaza, non sono andati oltre le proteste formali.

L’Arabia Saudita, inoltre, ha interesse ad essere parte della nuova via del cotone, che parte dall’India e arriva ad Haifa e che comporta necessariamente un riconoscimento reciproco con Israele.

Che gli Usa abbiano messo in questi anni i piedi in troppe scarpe, pensando di essere in grado di gestire tutto e ovunque, è la dimostrazione che gli Usa sono affetti dalla sindrome Dunnig-Kruger e che, probabilmente, dovrebbero cominciare a fare i conti con una realtà multipolare che presuppone molto pragmatismo, poca ideologia, capacità di scegliere, non potendo essere ovunque.

Il ragionamento vale anche per la guerra in Ucraina, per la crisi del Mar Rosso, per l’indo-pacifico. Misurare le forze, parametrare la presenza in base alle stesse. Realpolitik.

Infine, è necessario abbandonare la follia woke maoista che avvelena le classi dirigenti Usa e che le rende miopi e incapaci di esercitare una qualsiasi strategia geopolitica degna di questo nome.

Ti piace questo articolo? Condividilo nel tuo profilo social.

RIFERIMENTI

ngn logo2

Testata totalmente indipendente, di proprietà dell’associazione Libera Stampa e Libera Comunicazione

Sostienici per dare una libera informazione

Donazione con Bonifico Bancario

TAGS POPOLARI

ISCRIZIONE NEWSLETTER

GDPRInviando questo messaggio accetto il GDPR e il regolamento sulla privacy.

Seleziona la casella per approvare.


 

Ricerca