Gli israeliani sono ben assestati nel Corridoio Filadelfia al valico di Rafah, hanno sonar ed esplosivi per bloccare i passaggi sotterranei, ma le armi arrivano lo stesso ad Hamas attraverso i «tunnel volanti». Si mina così ogni ipotesi di pace. Occorre una sollevazione popolare. Si propone una serie di manifestazioni: in piazza ogni lunedì contro i venditori di armi e chi ne fa “contrabbando”.
La restituzione degli ostaggi morti avviene al rallentatore. L’intera operazione, “raccapricciante” dice Trump, appare in parte una scusa per tirare la questione ancora a lungo. Perché intanto e fino al termine di questa fase, Hamas non ha alcun dovere, secondo l’accordo, di cedere le armi; ed in verità non ne ha alcuna intenzione. Trump dice che se Hamas viola gli accordi Israele è autorizzato a fare “piazza pulita”. Inaccettabile, tutto inaccettabile. Si propongono una serie di manifestazioni ovviamente pacifiche ogni martedì contro Hamas e ogni mercoledì contro Trump.
Hamas intanto pareggia i conti con i palestinesi che gli sono stati e gli sono ostili. Esecuzioni pubbliche che non possono che metter in chiaro al popolo che un domani si dovranno guardare bene dal tradire Hamas: perché è fuori dubbio che Hamas resterà presente. Il popolo Palestinese si rivela ancora una volta diviso per clan, per tribù e per gruppi armati: Hamas non fa differenza e li ammazza tutti perché è democratico, non ha preferenze. E poi perché il segnale deve essere forte e chiaro. Noi tutti non possiamo restare inerti. Si propongono manifestazioni ogni giovedì e qualche sciopero più o meno generale il venerdì.
Riflettiamo. Il tutto mette in luce che quello firmato è solo un cessate il fuoco e la pace arriverà più tardi, se arriverà, comunque con comodo. Che il territorio per dare luogo alla Stato di Palestina è molto difficile da capire quale possa essere in realtà. Che il popolo Palestinese è solo una speranza di popolo, perché ora non c’è. Che di conseguenza il “due Stati, due popoli” va un istante messo sotto riflessione.
Giusto come slogan ma…. Che chiunque si candidi a controllare, in attesa di qualcosa che dovrà venire, la striscia di Gaza deve mettere in conto qualche morto e forse non pochi; e lo stesso dicasi per quelli che formeranno la struttura di programma e gestionale.
Tra il momento nel quale verranno nominati e sino a quando inizieranno il lavoro si vedrà se piacciono: se restano in vita, si. Dopo sono affari loro a sopravvivere.
Tutti i think tank ed i circoli culturali sono convocati ogni sabato (giorno per “statuto” senza manifestazioni) per una analisi ideologica e sociologica, per definire le bandiere e gli striscioni da predisporre. E non c’è distinzione tra destra e sinistra: ognuno per la sua manifestazione di parte.
O forse no, mi sbaglio. Quelli di sinistra dovranno anche accordarsi per la elencazione delle colpe di Meloni sull’intera vicenda. E’ chiaro che dovrà “venire a riferire”.
Ma quanta demagogia. Ma quanta ipocrisia. E noi assistiamo senza difesa.