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GOLDEN POWER

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L’Unione Europea spinge con forza verso la nascita di un mercato unico dei capitali, dove le banche possano fondersi oltre confine per competere con i giganti americani e cinesi. Ma l’Italia frena. Al centro dello scontro c’è il Golden Power, lo strumento che consente al governo di proteggere asset strategici da acquisizioni straniere o operazioni ritenute rischiose per la stabilità nazionale.



La miccia si è accesa con la possibile fusione UniCredit–BPM, che creerebbe un gruppo da oltre 900 miliardi di euro di attivi, 10 milioni di clienti e una quota di mercato superiore al 25% del credito alle imprese italiane. Roma ha imposto vincoli e verifiche aggiuntive, invocando il Golden Power. Bruxelles, per bocca della Commissaria ai servizi finanziari María Albuquerque, ha reagito duramente: “Useremo tutti gli strumenti, incluse procedure d’infrazione, contro chi blocca le fusioni bancarie.”

La Commissione ritiene che interventi di questo tipo ostacolino la creazione dell’“Unione del Risparmio e degli Investimenti”, progetto che dovrebbe generare, secondo stime della stessa UE, oltre 400 miliardi di euro annui di flussi di capitale intraeuropei entro il 2030. Tuttavia, l’Italia teme che la spinta all’integrazione finanziaria favorisca i grandi gruppi del Nord Europa, lasciando i sistemi bancari mediterranei in posizione subordinata.

Il contrasto emerge ancor più chiaramente se si guarda alla Spagna: il governo Sánchez, di fronte all’offerta da 12 miliardi di euro del colosso BBVA per il Banco Sabadell, ha espresso forti riserve. Bruxelles, in quel caso, ha parlato di “dialogo costruttivo”.

Doppio standard? Forse sì. La realtà è che l’Italia ha esercitato il Golden Power 61 volte tra il 2020 e il 2024, di cui 11 nel settore finanziario, mentre la Spagna solo 9. Ma per Bruxelles, l’uso italiano è “politico”, quello spagnolo “prudente”.

In un’Europa dove i primi cinque gruppi bancari controllano già oltre il 40% degli attivi dell’Eurozona, la pressione per un’ulteriore concentrazione non è neutrale. Roma teme che, dietro il mantra del mercato unico, si nasconda una nuova forma di centralizzazione economica a vantaggio dei Paesi più forti.

E così il Golden Power diventa molto più di uno strumento giuridico: è la linea del Piave economica dell’Italia nell’Europa dei pesi diseguali.

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