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Politica

Fluent surreale parossismo elettorale e la cultura del queer

Fluent surreale parossismo elettorale e la cultura del queer

di Carla Ceretelli

Qualcuno, come la vicesindaco di Bologna, considera la politica schizofrenica.
Poi, la piccola Emily, giovanissima essendo nata il 25 aprile del 91, ci racconta che occorre partire dai programmi e non dalla scelta della premiership. Quel che noi datati ci sentiamo ripetere e ci ripetiamo almeno da mezzo secolo.
A chi tocca? Con chi ci si allea? Ovviamente con chi condivide con noi i fondamentali, incalza la figliola, che è convinta di informarci sulla politica basilare. Della serie scoperta dell'acqua calda. Ma lei ha pensato di scoprire il vaso di Pandora, sperando che i mali tutti si siano trasformati in bene dopo che lei stessa è stata nominata.
No, non ce l'ho con la piccola, ma sono un po' stufa di giovani e ancor più di vecchi che ripetono le medesime cose da decenni.
Scoprendo che tutti, ma proprio tutti vogliamo la stessa cosa, "il bene del Paese". Quella parolina magica che risuona incessantemente, che vuol dire tutto e nulla. Che quando ci assale il coraggio di accendere la TV, ci colpisce l'udito e non ci lascia più dato che fra tutti gli ospiti di talk e ogni lettore di telegiornale, nessuno si astiene dal pronunciarla.
E allora scopriamo che il bene del paese è il bene nostro. Ciò di cui necessitiamo per una vita abbastanza serena senza dover scendere per strada a chiedere la carità, o a chiederla allo stato.
Lavoro casa famiglia. Non oso dire Dio patria famiglia. Che immediatamente sarei tacciata di fascismo. Altra parolina magica che in ogni tornata elettorale viene riesumata come un ectoplasma tenuto per un tempo sempre piu breve gelosamente nel corpo dei medium di sinistra. Mi astengo altresì dal fare analisi sul RDC, che ormai ne hanno detto tutti.
Il lavoro che non c'è, o non c'è quello a cui tutti ambiremmo, per i nostri figli e nipoti e i posteri a venire, ma va trovato, la sanità che non funziona ma va fatta funzionare la sicurezza, che viene sempre meno.
Ops, la vicesindaco ha dimenticato la scuola ma viene subito coperta da un suo sodale.
Già, perché la scuola dovrebbe essere precipua e primaria, magari con quella pubblica sostenuta dalla paritaria, in un connubio vincente. Come sostiene e cerca di immettere nella nostra mente e nella nostra anima Suor Anna Monia Alfieri.
Tornando al parossismo elettorale. Binario? Pare di no, dato che c'è un terzo incomodo, la terza via, il grande piccolo medio centro.
Il binarismo, come sappiamo ormai tutti, è una classificazione usata per definire un genere in due forme mutualmente esclusive di mascolino e femminino che ricalca il dualismo maschio femmina presente in natura. In questo caso trattasi di destra e sinistra. Ma è apparsa la terza via o genderqueer. Nel nostro caso queer come eccentrico socialmente e politicamente.
Ancora non è dato sapere la misura del diametro e della circonferenza del cerchio che lo contiene. Questo centro.
Largo ampio stretto come il campo inventato dal Parigino. Ma del quale non pare essere abbastanza soddisfatto.
Comunque, coinvolti in una campagna elettorale tanto estemporanea quanto goffa e preoccupante, siamo propensi a dichiararsi fieramente conformisti. Infatti il qualunquismo prevarica la voglia di riformismo, altra parolina magica mai meglio e abbastanza esplicata, che tutti usano. Il riformismo, al quale tendono per farne una bandiera, un’arma di difesa, forse l'unico strumento di sopravvivenza.
"Della politica non se ne può più è il massimo del conformismo. E del qualunquismo".
E allora non ci resta , nel nostro piccolo, che agire, attivarsi per cambiare davvero ed evolversi emergendo da questo magma putrido.
Inutile sgolarsi contro la casta, perché quando qualcuno arriva lassù, diviene automaticamente casta.
Dunque cerchiamo almeno di formare una casta migliore.
Intanto, in questi ultimi giorni, pensiamo ad affrontare la campagna elettorale che si chiuderà in una data che il PDR ha individuato e stabilito , secondo costituzione, per le elezioni . Una data, la più vicina possibile. Un po’ per dispetto, per rovinare il ferragosto a candidati e chi gira loro intorno, che dovranno sudare abbastanza godendo poco delle meritate ferie e vacanze. O forse, il buon Mattarella, l’avrà fatto per risparmiare a tutti gli elettori uno strascicamento di campagna elettorale fatto di mesi e mesi di comizi e siparietti virtuali.
Questa concentrazione parossistica si esaurirà in una manciata di settimane. Prima e dopo la presentazione delle liste. Ingiustamente facilitata a chi c'è già, in Parlamento, e chi cerca almeno di presentarsi alla porta di servizio ostacolato dalla faticosissima raccolta delle firme.
Le camere si sono sciolte, anche per la calura insopportabile che ora va fortunatamente scemando. E improvvisamente lo scenario è cambiato. Guerra, materie prime, equilibri geopolitici, emergenza climatica, inflazione, disoccupazione, abbattimento delle tasse.
Praticamente temi scomparsi. Viviamo in una realtà surreale. In una sorta di metaverso.
Una campagna elettorale tatticistica, necessariamente improvvisata dati i tempi stretti. Spesso anche macchiettistica. Premier che ogni giorno ne arriva uno, defezioni e cambi di casacca, minacce adulazioni e lusinghe con i coltelli nascosti da qualche parte per tirarli fuori alla bisogna. Promesse e intimidazioni. Tutto già visto e vissuto, ma stavolta più accelerato. Una spirale avvolta intorno a un centro che è il parlamento. A cui, giustamente tutti i candidati aspirano. In modo palese occulto o latente. Praticamente un cul de sac.

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