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Cultura

BETLEMME, GESÙ, OSIRIDE, DIONISO E IL PANE DEL MONDO

BETLEMME, GESÙ, OSIRIDE, DIONISO E IL PANE DEL MONDO

Premessa

La ricorrenza del Natale è connessa con il paese di Betlemme, dove nella tradizione cristiana, sarebbe nato il Bimbo divino.

Betlemme, in ebraico בֵּיִת לֶחֶם, [Beit Lehem], significa letteralmente “Casa del Pane, etimologia che permette a Bernardo di Chiaravalle il discorso sul “pane vivo disceso dal cielo”, “il pane della divina Parola”, “il pane degli angeli”.

Nella tradizione cristiana, pertanto, il neonato bimbo divino è “pane vivo disceso dal cielo”.

Il pane sarà al centro della tradizione cristiana anche nell’ultima cena e diverrà, in seguito, il corpo di Cristo nella messa cattolica.

Cosa rappresenta il pane nella simbologia tradizionale?

Il pane come alimento divino non è solo appartenente alla tradizione cristiana, ma affonda le sue radici in quella egizia ed eleusina.

Ricordo, a tal proposito, che un oggetto di cui parlano i testimoni cristiani, in relazione ai Riti Eleusini, è la spiga, definita da Foucart, il quale ritiene essere Demetra e Dioniso l’equivalente eleusino di Iside e Osiride, “emblèm osirien” e “symbole de la mort d’Osiris”. [1]

Diodoro infatti sostiene: “Poiché l’iniziazione di Osiride è la stessa di quella di Dioniso e l’iniziazione di Iside è a tutti gli effetti simile a quella di Demetra, solo i nomi sono cambiati”.

Angelo Tonelli ricostruisce così la parte rituale relativa alla spiga: “Una spiga viene spiccata in silenzio dallo ierofante. E’ un gesto di grande potenza evocativa: un frutto, che è anche un seme, viene mietuto dallo stelo, e dunque la pianta viene uccisa come unità, ma da questa morte scaturirà una pluralità di piante-vite; l’Uno diventa Molti e i Molti sono forme dell’uno. La pianta tagliata è Dioniso che, come Osiride, muore nel fiore della vita, ma che rinascerà. E dunque il dio segreto dell’epoteía è Dioniso: morte e vita unite insieme in un solo gesto. Dioniso è l’Uno che si fa Molti, e vive-muore in ognuno dei Molti che da esso scaturiscono: ritroviamo tutto questo nel Dioniso orfico che guarda nello specchio e vede il mondo”.[2]

Nei Misteri Eleusini Dioniso è il pane divino.

 Dioniso è una divinità appartenente ai popoli semitici (Assiri, Arabi) importato in Grecia in età panellenica e successivamente elaborato nell’orfismo. Le Pleiadi o le Iadi sono le sue nutrici. Il rapporto Pleiadi e Iadi con Dioniso, richiama quello tra Pleiadi e Iadi con Aldebaran, l’occhio del Toro, al quale è associato Horus.

Nell’epopteía, il figlio divino Dioniso, sotto la specie di spiga e di pane, è diventato realtà tangibile e il pane è il nutrimento dell’uomo, cosicché l’uomo, mangiando il pane, diventa pane, ossia diventa dionisiaco: divino.

Il pane è un simbolo solare, come mostra chiaramente anche la forma dell’ostia del rito cristiano, soprattutto quando è posta nell’ostensorio d’oro con i raggi propri del sole. Un sole che evoca simbolicamente la luce.

L’assunzione del pane come sostanza divina, ossia come luce veicolo di informazione cosciente, è accompagnata dall’assunzione della farina sciolta nel ciceone, bevanda di farina finissima sciolta nell’acqua e aromatizzata con foglie di menta: luce immersa nell’acqua e mescolata, in uno sponsale ierogamico che è una corporizzazione. Anche la menta, oltre ad aromatizzare, riporta al mito relativo all’Ade, per i suoi rapporti, come ninfa Mintha, con Proserpina e Demetra.

Carolina Lanzani[3] ipotizza che nei Piccoli misteri si svolgessero le nozze sacre tra Demetra, Madre Terra e Dioniso, Dio solare. Nozze che ponevano fine alla condizione virginale della Terra, condizione personificata da Core.

Il Ratto di Core avviene in autunno. Il dio solare penetra nella terra, in connubio con Demetra-Core, ed esplica la sua forza germinativa nel mistero e nell’ombra.

In primavera Core riappare alla luce, la terra riconquista la sua giovinezza con eterna vicenda e Demetra ritrova la Core smarrita.

E’ già nato il nuovo sole giovane dell’anno ed è nato Dioniso, il fanciullo divino, così come Horus il Giovane.

Dioniso è pertanto figlio di se stesso, in quanto sole nascente figlio del sole declinante, mentre Demetra e Core rappresentano due aspetti della Dèa Madre.

Come appare in vari miti (ad esempio il mito di Ceridwen), il grano è simbolo del sole, cosicché il ciclo dionisiaco è anche il ciclo della morte e rinascita, esattamente come il ciclo eleusino.

Nei Grandi Misteri Carolina Lanzani ipotizza che con la Muesis i Miystes fossero consacrati a Demetra e che con l’epopteía, gli Epopti fossero consacrati a Dioniso.

La spiga mietuta in silenzio, viene mostrata agli Epopti come il grande, il mirabile, il più perfetto mistero. La spiga è emblema di Osiride, dal cui corpo germinano le spighe.

Il corpo del divino è il pane degli uomini.

La testa e il principio vitale

Anche la psŷchè olcsos, come principio vitale, associata alla testa, costituisce il seme ed è in stretta connessione con il liquido spinale (aion), inteso come liquido seminale.

Il corrispondente vegetale della testa-psŷchè olcsos è la spiga, che contiene il grano e la spiga e anche Demetra, madre del grano, era infatti adorata come testa.

La decapitazione del morto e la conservazione della testa è, pertanto, la conservazione del principio vitale, ossia del seme, dal quale rinascerà una nuova vita.

Il culto della testa assume un connotato iniziatico importante, essendo la testa come la spiga, ossia come Demetra, il ricettacolo del seme, l’essenza dell’uomo, che è destinata a rinascere.

La spiga in greco è Στάχυ amento (inflorescenza a grappolo), orecchio[4], pannocchia, spiga, mentre Στάχυς è Spica, nella costellazione della Vergine. Il pane è σῖτος .

Qui è necessaria una parentesi.

I miti non sorgono a caso, ma sono strettamente connessi con la scienza o emergono dal fondo abissale dell’inconscio per rendere visibile l’invisibile.

“I miti – scrive infatti Carlo Rovelli – si nutrono di scienza e la scienza si nutre di miti”. [5]

“La fisica dei quanti – scrive Patrick County – postula nuovi paradigmi e un concetto di realtà che rassomiglia a quello che presentano gli antichi miti e le antiche religioni orientali”. [6] Compito del mito, scrive ancora Patrick County, è “quello di rendere l’invisibile concreto e prolungare il concreto nel mondo dell’invisibile”. [7]

“Il nostro microcosmo – afferma Fulcanelli – non è altro che una particella, infima, animata, pensante, più o meno imperfetta del macrocosmo. Ciò che noi crediamo di scoprire con lo sforzo della nostra intelligenza esiste già da qualche altra parte”. [8]

La tradizione dei costruttori di cattedrali si avvale dell’argot e dell’art gotique, da cui l’aggettivazione delle cattedrali come gotiche.

“Per noi – spiega Fulcanelli – art gotique non è altro che una deformazione ortografica della parola argotique, la cui omofonia è perfetta, conformemente alla legge fonetica che regola la cabala fonetica in tutte le linge e senza tener conto alcuno dell’ortografia. La cattedrale, quindi, è un capolavoro d’art goth o d’argot. Dunque i dizionari definiscono la parola argot come «il linguaggio particolare di tutti quegli individui che sono interessati a scambiarsi le proprie opinioni senza essere capiti dagli altri che stanno intorno». E’, quindi, una vera e propria cabala parlata. […]. Tutti gl’Iniziati si esprimevano in , anche i vagabondi della Corte dei Miracoli, col poeta Villon alla loro testa, ed anche i Frimasons, o framassoni del medioevo, «che costruivano la casa di Dio», ed edificavano i capolavori agotiques ancora oggi ammirati”.[9] L’arte gotica, aggiunge Fulcanelli, “è l’art got o cot (Χ°), l’arte della Luce e dello Spirito”. L’argot, aggiunge Fulcanelli “è una delle forme derivanti dalla Lingua degli Uccelli, madre e signora di tutte le altre, lingua dei filosofi e dei diplomatici”.[10]

In base alla Lingua degli Uccelli, possiamo trarre la conclusione che il pane, quindi, si fa con il seme che è nella spica ed essendo Spica la stella più luminosa della Costellazione della Vergine, il pane-Dioniso si fa con il seme della Vergine.

Esattamente come il pane eucaristico che è il corpo di Cristo, nato nel seno della Vergine.

Στάχυς , Spica, è la stella della Costellazione della Vergine (Alêtis) alla quale sono state connesse dai costruttori medievali le cattedrali gotiche francesi, con la cattedrale di Reims dedicata a Notre Dame de l’Épine.

Il gioco di parole tra spiga (in greco è Στάχυ) e Spica (in greco Στάχυς) lo ritroviamo in francese, con épine ed épi, dove épine, oltre ad essere spina di un vegetale è anche colonna vertebrale, spina dorsale, ossia l’Aion e épi è spiga di grano, ma anche, come in greco, orecchio.

Paul Foucart[11] sostiene che Dioniso e Demetra fossero Osiride e Iside.

Foucart sostiene inoltre che Hera e Demetra sono la stessa persona divina, “che è, inoltre, venuta dall’Egitto e che non può essere che Iside”. Non solo, ma anche che gli Egiziani di epoca tolemaica hanno accettato questa identificazione.

Plutarco a sua volta sostiene che nel periodo più antico del culto di Dioniso era adorato con Demetra (Frammenti).

I Faraoni, i quali possedevano una flotta al tempo della 18^ dinastia, (1543-1292 a.C., Nuovo Regno), avevano instaurato rapporti tra la Valle del Nilo e il bacino del mar Egeo, anche se probabilmente esistevano già rapporti tra Creta e l’Egitto al tempo della XII dinastia. Non solo, ma come scrive Foucart, i “monumenti attestano che i Faraoni della diciottesima dinastia sottomisero al loro potere le coste della Siria e le isola meridionali dell’Asia Minore, così come l’arcipelago del Mar Egeo”.[12]

“Noi abbiamo dunque le prove – scrive Foucart sulla base dei ritrovamenti archeologici – che le relazioni dirette esistevano tra l’Egitto e Creta verso il ventesimo secolo prima della nostra era”. “ Dopo di aver in tal modo constatato – prosegue Foucart – in due delle più antiche tombe di Eleusi, la presenza di oggetti appartenenti al culto di Iside, mi pare più difficile negare l’influenza che la credenza osiriaca esercitò sui misteri di Demetra”. [13]

Va ricordato per inciso che durante la XVIII Dinastia si sviluppò il culto di Amon e che si assistette anche all’eresia di Akhenaton, che spostò la capitale ad Amarna e instaurò il culto di Aton, dando avvio al monoteismo e all’intolleranza religiosa.

I Greci appresero l’agricoltura nel XV secolo a.C. e il luogo dell’habitat dell’orzo e del grano selvatici è stato stabilito essere in una regione del Giordano a 1.800 metri. Il frumento (triticum dicoccum, boti in egizio antico). La domesticazione, scrive Foucart, fu “l’opera degli Egiziani o di tribù molto vicine che occupavano allora la Palestina. E’ dunque stabilito da prove improntate a una scienza positiva che l’agricoltura fu inventata in Egitto”. [14]

In questo contesto storico relativo alla domesticazione si inserisce il mito secondo il quale, come scrive Diodoro: “Iside scoprì il frutto del grano e dell’orto, che spuntavano per combinazione nel paese con altri alberi, ma dei quali gli uomini non conoscevano l’impiego”. [15]

Ampelius di Dioniso d’origine egiziana scrive: “Hic agricola et inventor vini, cuius soror Ceres”. [16]

Le tombe di Iside e di Osiride, secondo Diodoro Siculo, sarebbero state trovate a Nysa, città della Cananea, attualmente denominata Beit She’an in Israele, che la leggenda vuole fondata da Dioniso e dalla sua nutrice Nysa.

E’ interessante notare che sempre Diodoro Siculo (Biblioteca storica, Vol I, III, 68-69) scrive di Nŷsa come di un’isola e delle porte di Nisie che sono anguste. L’isola, sostiene Diodoro Siculo, ha un solo “stretto accesso” e ha forma di un vallone, ombreggiato da alti e fitti alberi, cosicchè il sole non riesce a splendervi affatto…”.

Nŷsa sarebbe Tir-na-mban, il magico reame di Dana, la Serena, la Splendente, la Grande Dèa origine dell’Universo, il cui riferimento stellare è Cassiopea. Nŷsa è “la Terra della Gente Libera” o “L’isola della Gioia”, che così si trova ad essere in relazione con l’Egiziana Iside.

Iside a Nysa avrebbe inventato l’arte di coltivare il grano e l’orto e Osiride avrebbe scoperto i frutti della vigna.

Foucart conclude: “Liberando dei loro apparati mitologici le leggende che abbiamo esaminato e controllato con le scoperte moderne, ci troviamo in presenza di un certo numero di fatti che hanno un valore storico. A un’epoca contemporanea dei faraoni della 18^ Dinastia, dei coloni egizi si stabilirono nel golfo di Atene, a Eleusi, che era il punto meglio riparato della costa, e che si trovava all’intersezione delle vie della Grecia del Nord e del Peloponneso. Con essi portarono la cultura della vigna e dei cereali, sconosciuta fino ad allora, e il culto di Iside e di Osiride, ai quali attribuirono l’invenzione delle due arti e che erano gli dei nazionali dell’Egitto intero”. [17]

Nella tesi che fa derivare Demetra e Dioniso da Iside a Osiride, va precisato che il Dioniso attico è diverso da quelli della Tracia e della Beozia. “Come Demetra – scrive Paul Foucart -, Dioniso non è indigeno in Attica; è arrivato, venendo da fuori; questo è incontestabile”. […] Ben differente dai Dioniso traci e tebani, il Dioniso d’Eleusi riproduce il doppio carattere dell’Osiride egiziano, allo stesso tempo dio dei viventi e dio dei morti. Nello stesso tempo di Demetra, egli arrivò dall’estero in attica, in un’epoca che corrisponde alla diciottesima dinastia faraonica”.[18]

Dioniso di Eleusi è, aggiunge Foucart, “un dio misterioso, ma tranquillo e benevolo. Con Demetra, sua inseparabile compagna, diffonde le arti dalle quali nasce la civilizzazione, prima di tutto, l’agricoltura” […]. L’opinione generale gli attribuisce come dominio speciale la cultura della vigna e degli alberi da frutto; ma, in realtà, la sua potenza si estendeva alla produzione di tutta la natura coltivata. Durante le feste di Haloa, è associato a Demetra e la coppia strettamente unita assicura la fecondità della terra e degli esseri viventi”. [19]

“Già per i Piccoli Misteri, un testo formale attesta che le avventure del dio erano messe in azione durante lo spettacolo al quale assistevano i neofiti. Quanto all’iniziazione dei Grandi Misteri, se i primi gradi appartenevano esclusivamente a Demetra e Core, credo di poter dimostrare […] che il secondo grado era riservato a Dioniso e che la sua storia era ilo soggetto delle cerimonie dell’epopteia”. [20]

 “Ho scelto di ristabilirne il senso originale, ricollegandolo alla dottrina egiziana. Dopo questo, gli incantesimi e le preghiere non si univano alla divinità così come se esse riproducessero solo le parole ma anche la modulazione del carmen”.[21] Con la giustezza della voce.

NOMI, TEMPI, STRUMENTI E CELEBRANTI DEL RITO

 Aghelastos è la pietra sulla quale Demetra era seduta arrivando ad Eleusi.

Dromena sono i movimenti e i gesti degli officianti.

Deicumena è ciò che viene mostrato ai mystes.

Logomena sono le parole pronunciate.

Bedromione (dalla seconda metà di settembre alla prima metà di ottobre circa).

Il 21 dramma liturgico di Demetra e Kore.

Il 22 dramma di Demetra e Zeus

Il 22 due vasi di coccio pieni d’acqua levati uno verso Oriente, l’altro verso Occidente.

Ciceone

“Ho digiunato, ho bevuto il ciceone, ho preso dalla cesta, dopo aver compiuto le azioni rituali ho riposto nel canestro, e dal canestro nella cesta”. Clemente Alessandrino, Protr. XXI 2

Il ciceone è farina finissima di frumento mescolata in acqua e aggiunta di foglie di menta.

La spiga

 La spiga è sicuramente un emblema osiriaco. “Tra le religioni antiche che conosciamo, quella di Osiride è la sola dove la spiga di frumento pare avere un valore religioso”. [22]

Nella 12^ ora (figura) la barca di Osiride, di scorta a quella di Ra, condotta dagli dei pacifici che tengono una spiga in mano e hanno la testa ornata da due belle spighe. I loro nomi sono significativi: il Germe, Basti; il Grano, Uapri; la Primizia della mietitura poi “ gli dei dalle braccia che brillano, poiché tengono la loro spiga”; l’Oblatore; Nipan. “Tutti questi esseri divini, per salutare Osiride, inalberano la spiga di grano come l’insegna del loro sovrano”. [23]

 La spiga mietuta è il simbolo della morte di Osiride.

Osiride è grano di frumento, come Taliesin nei riti di Keridwen, il quale subisce l’iniziazione acqua, terra, aria, fuoco (grano): gli elementi della vita.

Diodoro: “Al momento della mietitura, innalzando le prime spighe tagliate e tenendone un mazzo, si battevano il petto, invocando Iside”. [24]

Hippolito parla di “spiga di frumento mietuta in silenzio”.

I mietitori si addoloravano per la morte di Osiride ma si appellavano a Iside.

“Osiride essendo arrivato a personificare la resurrezione, lo si compara a tutto ciò che nella natura sembra morire per rinascere e, al contrario, tutto ciò che rinasce dopo una morte apparente, fu tenuto per una delle forme o dei valori mistici di Osiride”. [25]

Nei Piccoli e nei Grandi Misteri si narra anche della natura e del destino di Osiride.

Cesta cesto canestro

 La cista, calathos è un cesto di vimini intrecciati, di forma cilindrica con un coperchio piatto o bombato, è una delle acconciature (il copricapo) di Demetra ed è considerato il granaio.

Nell’inno a lei dedicato, Demetra è definita la “bionda” dalle “belle chiome” e “dalle magnifiche messi”, il ché fa pensare ad una chioma di spighe di grano.

Cesto, cesta in egizio antico è: mndjm

Nella cesta i simboli della vita corporale (a sinistra) e animica (a destra)

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La luce più splendente di quella del sole

 Le iera anactora (anacto benefacente) erano custodite nell’anocroton detto anche magaron.

All’apertura dell’anacroton si spandeva una grande luce più splendente della luce del sole: nube di luce, presenza del divino.

Epopteía

“Abbiamo stabilito che Dioniso è il maestro dell’epopteía. E’ pertanto naturale che le sofferenze del dio e la sua resurrezione sono il tema fondamentale delle scene alle quali assistevano gli iniziati di secondo grado”. [26]

 I celebranti

Sommo Ierofante, al servizio personale delle iera.

2 Diadochi

Un Araldo

Sacerdote dell’Altare.

Lo Hierofante, phaidontes toin theion, è incaricato di pulire, far brillare le statue delle due Dee e di accudirle, esattamente come i sacerdoti egizi.

Logomena: le parole pronunciate.

 Secondo Hippolito (cristiano)

“La divina Brimo ha partorito Brimos, l’infante divino”.

LO SMEMBRAMENTO DELLA SPIGA E IL SACRIFICIO DEL GRANO

 Dioniso per essere il pane divino deve essere spezzato.

Lo smembramento della spiga e la frantumazione del grano, al fine di impastarlo con l’acqua e con il lievito, per dare forma al pane, che sarà cotto nel forno è connesso con la dispersione del seme maschile (la spiga come pene) nell’utero, dove, con il liquido amniotico e con il calore del corpo materno, lievita il feto che si trasformerà nell’uomo-pane.

“Di conseguenza – scrive Ananda Coomaraswamy – lo scopo finale del Sacrificio non è solo di continuare l’operazione creatrice iniziata «una volta» dalla decapitazione, ma anche di «capo volgerla» con la ricostituzione totale della divinità divisa e con ciò del sacrificante stesso, identificato con la divinità e con il Sacrificio. Abbiamo già visto che con il Sacrificio Prajâpati ritrova la sua integrità, ma soprattutto che non è unilaterale, poiché la divinità dev’essere guarita da coloro stessi che l’avevano divisa”. [27]

Nel Shatapatha Brâhmana (11,2,2,8-20) gli dei e i Titani erano sprovvisti di sé spirituale e di conseguenza mortali. Solo Agni era immortale. Gli Dei edificarono il fuoco in se stessi: diventarono immortali e invincibili. I Titani edificarono il fuoco esternamente e rimasero mortali.

“Analogamente – commenta Coomaraswamy - anche il sacrificante edifica il fuoco così acceso in lui e pensa:«Qui stesso sacrificherò, qui farò il buon lavoro». Nulla può intromettersi tra lui e questo Fuoco. «Sicuramente, finché vivrò, questo Fuoco che è stato edificato all’interno di me stesso non si spegnerà»”. [28]

La frantumazione è connessa con lo smembramento: differenziazione del principio creatore nelle cose create; Zagreus il fanciullo divino che i Titani fanno a brani.

Eliminare l’elemento titanico è diventare uno Iachos: dimensione divina dionisiaca.

Lo smembramento di Dioniso (vedi Osiride, Prajapati) è il sacrificio: avviene in cielo come in terra.

Orfeo, il dio solare fatto uomo, è smembrato dalle Menadi (sacerdotesse femminili).

In terra esso diventa l’ostia, la vittima. E’ cibato dagli uomini.

Al sacerdote si comunica l’essenza della divinità in quanto la riceve nel suo corpo sotto forma di cibo e bevanda (vino e pane, ipostasi vegetale) carni delle vittime (ipostasi animale).

Sacrificio del vitello.

Omofagia: la morte per mezzo della lacerazione seguita dalla manducazione..

Sacrificio del toro, forma di Dioniso in quanto potenza generatrice della divinità solare. Evidenzia uno dei legami del culto dionisiaco con quello mitraico.

Mitra, il sacrificio del toro. Il toro che simboleggia la materia prima delle cose, si trasforma nella molteplicità delle cose vive, solo quando il dio vi ha trasfuso, smembrandola e suddividendola, la sua propria essenza.

Spezzare il pane è la dispersione dell’Uno nella molteplicità.

Nei Vangeli si narra della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Le versioni, per quanto simili, non sono identiche. Lo scenario è sempre quello: Gesù è attorniato da una grande folla e ad un certo punto i suoi discepoli gli chiedono di mandare a casa i presenti perché possano sfamarsi. Gesù dice loro di dar loro stessi da mangiare, ma questi dicono di avere a disposizione solo cinque o sette pani e due pesci o pochi pesciolini.

Matteo 14,13-21 - E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

Matteo 15,29-39 -  (seconda moltiplicazione). Gesù domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette, e pochi pesciolini». Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene. Quelli che avevano mangiato erano quattromila uomini, senza contare le donne e i bambini. 

Marco 6,30-44 - Ma egli disse loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». Si informarono e dissero: «Cinque, e due pesci». E ordinò loro di farli sedere tutti, a gruppi, sull’erba verde. E sedettero, a gruppi di cento e di cinquanta. Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero a loro; e divise i due pesci fra tutti. Tutti mangiarono a sazietà, e dei pezzi di pane portarono via dodici ceste piene e quanto restava dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.

Marco 8,1-10 – Seconda moltiplicazione - Domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette». Ordinò alla folla di sedersi per terra. Prese i sette pani, rese grazie, li spezzò e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla. Avevano anche pochi pesciolini; recitò la benedizione su di essi e fece distribuire anche quelli. Mangiarono a sazietà e portarono via i pezzi avanzati: sette sporte. Erano circa quattromila.

Luca 9,12-17 - Gesù moltiplica i pani e i pesci - Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla.17Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

Giovanni 6,1-15 - Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.

Matteo 26 - Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: «Prendete e mangiate; questo è il mio corpo».

Marco 22 - Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». 

Luca 19 - Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me». 

Nell’eucarestia [rendimento di grazia], come scrive Celso, “non è la materia del pane, ma la pronuncia su di lui che dona a chi lo mangia un modo che non è indegno del Signore. Ecco che cosa è il corpo tipico e simbolico (per tou typicou kai symbolikou sômatos). [29]

Lo stesso Origene spiega la denominazione del pane eucaristico affermando che “il pane è il simbolo della nostra eucharestia verso Dio”.

La nascita in Betlemme e la cena eucaristica si inseriscono, pertanto, in una tradizione rituale antica che il tempo del Natale evoca.

 [1] Paul Foucart, Les mystères d’Éleusis, Pardès

[2] Eleusis e Orfismo, a cura di Angelo Tonelli, Bur

[3] Carolina Lanzani, Religione dionisiaca, Fratelli Melita editore

[4] Nelle graminacee si distinguono le “false auricole” o “auricole ad orecchio”, semplici estroflessioni allargate, dalle vere auricole o “auricole ad unghia” appendici appuntite, tipiche dei generi Hordeum e Lolium

[5] Carlo Rovelli, Sette brevi lezioni di fisica, Adelphi

[6] Patrik County, Labirinti, Piemme

[7] Patrik County, Labirinti, Piemme

[8] Fulcanelli, Il mistero delle cattedrali, Mediterranee

[9] Fulcanelli, Il mistero delle cattedrali, Mediterranee

[10] Fulcanelli, Il mistero delle cattedrali, Mediterranee

[11] Paul Foucart, Les mystères d’Éleusis, Pardès

[12] Paul Foucart, Les mystères d’Éleusis, Pardès

[13] Paul Foucart, Les mystères d’Éleusis, Pardès

[14] Paul Foucart, Les mystères d’Éleusis, Pardès

[15] Citato in Paul Foucart, Les mystères d’Éleusis, Pardès

[16] Citato in Paul Foucart, Les mystères d’Éleusis, Pardès

[17] Paul Foucart, Les mystères d’Éleusis, Pardès

[18] Paul Foucart, Les mystères d’Éleusis, Pardès

[19] Paul Foucart, Les mystères d’Éleusis, Pardès

[20] Paul Foucart, Les mystères d’Éleusis, Pardès

[21] Paul Foucart, Les mystères d’Éleusis, Pardès

[22] Paul Foucart, Les mystères d’Éleusis, Pardès

[23] Paul Foucart, Les mystères d’Éleusis, Pardès

[24] Citato in Paul Foucart, Les mystères d’Éleusis, Pardès

[25] George Foucart, Histoire des religions et methode comparative, citato in Paul Foucart, Les mystères d’Éleusis, Pardès

[26] Paul Foucart, Les mystères d’Éleusis, Pardès

[27] A.K. Coomaraswamy, La dottrina del sacrificio, Luni editrice

[28] A.K. Coomaraswamy, La dottrina del sacrificio, Luni editrice

[29] Jean Borella, Le mystere du signe, Maison neuve larose

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