di Massimo Carugno
No, non è la pronuncia in cinese della parola “muro” liddove la “r” diventa “l”.
Si tratta proprio di quei simpatici animaletti, orecchie lunghe e musetto bianco, che si resero eroici sulle Alpi nella prima guerra mondiale.
E già perché tra governo e sindacati è muro contro muro, ma siccome la sfida in effetti è tra Salvini e Landini, vista la elastica duttilità della sinapsi neuronale dei due, diventa un mulo contro mulo.
A me, invero, i due giovanotti paiono simili potendo ben dire che Landini è un Salvini di sinistra e Salvini un Landini di destra. Due uguali speculari che si oppongono contrapponendosi.
Insomma, per farla breve, sullo sciopero di venerdì 17 alla fine scatta la precettazione per il settore dei trasporti.
Matteo Salvini è intervenuto riducendo, per quanto riguarda il settore, il blocco a 4 ore, dalle 9 alle 13. L’ira di Landini non si è fatta attendere: “è un atto politico gravissimo”, ha tuonato il numero uno o della Cgil.
Nei giorni scorsi c’era stato un ping pong di rimbalzi tra sindacati e Ministero Infrastrutture. Prima era stata inviata una lettera con la quale il Mit chiedeva a Cgil e Uil di rivedere la mobilitazione.
Poi i sindacati hanno risposto confermando le ragioni dello sciopero.
A quel punto Salvini ha convocato un incontro al Ministero, ma si sono presentati solo i segretari confederali.
Risultato: nessuno si è smosso dalle proprie posizioni.
E poi il via alla girandola degli annunci: Salvini aveva assicurato di mettere in campo “tutto quello che la legge” permette “per consentire il diritto alla mobilità al lavoro, allo studio, alla salute, a 60 milioni di italiani. E se Landini si offende e mi offende, mi dispiace per lui”; i sindacati hanno ribattuto che, “non c’è alcuna ragione né oggettiva né di urgenza che motiva la precettazione”; Landini ha proclamato: “è un esplicito attacco al diritto di sciopero”, e mettere in discussione questo diritto “significa mettere in discussione la democrazia”.
E poi a seguire l’attacco alla commissione di garanzia e le difese d’ufficio alla Presidente Bellocchi.
“È compiacente con il governo” proclamano i sindacati mentre la Presidente sarà ascoltata domani mattina nelle commissioni riunite Trasporti e Lavoro di Montecitorio.
“Ignobile il linciaggio” al Garante per gli scioperi, hanno replicato i deputati della Lega in commissione Lavoro della Camera ma Giorgetti si dissocia: “i sindacati hanno la totale legittimità a scioperare!”. Però il ministro ha tenuto a difendere la manovra: “dire che questo sia un governo che non ha a cura gli interessi dei lavoratori dipendenti, questa critica proprio no”.
E infine la chiosa finale: “Adesso basta” tuona la duplice scendiamo in piazza “per alzare i salari, per estendere i diritti e per contrastare una legge di bilancio che non ferma il drammatico impoverimento di lavoratrici, lavoratori, pensionate e pensionati e non offre futuro ai giovani”.
Volete sapere la mia?
Sono finiti i tempi in cui le manovre di bilancio incidevano sostanzialmente (nel bene e nel male) sulla vita del paese e questo governo sarebbe da buttare nel cestino più per le cose che non fa che per quelle che fa.
Ma sono finiti anche i tempi in cui i sindacati svolgevano un ruolo autorevole nella società e nella politica e quando indicevano uno sciopero generale ribaltavano i governi se non addirittura i parlamenti.
Sono finiti i tempi delle adunate di massa e dei cortei da un milione di persone.
Non so cosa succederà venerdì ma, può darsi mi sbaglio, la percezione è che non metteranno in campo gran che nonostante le difese d’ufficio di Conte e la Schlein.
Perché non sono autorevoli le posizioni, e neanche le preparazioni e le fasi organizzative.
Un tempo manifestazioni siffatte venivano preparate con cura e le loro ragioni venivano illustrate con meticolosità ai lavoratori nelle fabbriche, nelle aziende, nei posti di lavoro. Il consenso si costruiva nel tempo.
Non credo sia stato fatto e allora l’iniziativa di Landini, di fronte al vuoto della azione di governo, diventa un facimme ammujna, una protesta organizzata in fretta e in furia per far vedere che si protesta più che per rilanciare dei temi contro i temi. Quello che è successo in questi giorni è stata una girandola di contrapposizioni sulle modalità dello sciopero, ma niente più. E Landini ha mostrato che ha più interesse alla sfida che a spiegare ai lavoratori e al paese le ragioni della protesta.
Il tutto nello stile che ha già mostrato quando guidava i Metalmeccanici.
No, non si fa così. Un vuoto contro vuoto. Non contenuti ma lotta dura e contrapposizione.
Alla fine tocca difenderlo ‘sto sciopero (che alla fine sarà più contro il paese, contro la comunità, che contro il governo) per ragioni di principio più che di merito: perché il diritto allo sciopero è sacrosanto, perché Brodolini, perché lo Statuto dei lavoratori, insomma per motivi che guardano alla storia delle conquiste dei lavoratori negli anni più che a ragioni fondate nella contingente quotidianità.
Perché in fondo i due lottatori non hanno ragioni e non sono altro che due muli che, fronte contro fronte, fanno a gara a chi spinge di più.
Del resto Landini fa rima con Salvini e in fondo mi stanno sulle palle tutti e due.