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SINDACATO, RITORNA IL PANSINDACALISMO

SINDACATO, RITORNA IL PANSINDACALISMO

di Giuseppe Augieri
«Contro la legge di bilancio e le scelte sbagliate del governo, per aumentare i salari e rilanciare la contrattazione collettiva, la CGIL e la Uil hanno dichiarato uno sciopero generale per tutti i lavoratori e tutti i settori». Secondo «Il Riformista» è questo lo slogan che un vecchio furgone rosso, che sta girando tutto il capoluogo emiliano, con gli altoparlanti al massimo volume, lancia come fosse un proclama degli anni nei quali non vi erano social e la TV era di pochi.
Non è il primo segnale che colgo. Il ritorno ai tempi antichi credo sia denso di significati. Discutere della ragioni dello sciopero – che almeno per le motivazioni “gridate” dal furgone si prestano a molti commenti negativi – fa distogliere l’attenzione dall’elemento politico che considero più rilevante: un ritorno al passato ed alle sua grandi battaglie, ritorno che ha oggi contorni e conseguenze per me non del tutto chiari.
La contestazione al giudizio espresso dal Garante – anche con la puerile (e scorretta) motivazione che la commissione sarebbe stata influenzata, nella sua decisione, da spinte dei partiti di maggioranza, perché eletta dal Governo - mi fa tornare in mente le contestazioni che si ebbero quando infuriava la battaglia sulla validità di scioperi proclamati non solo per motivi economici ma anche politici, e sulle modalità di svolgimento di scioperi “anomali”: a scacchiera, senza preavviso, dello straordinario, in bianco, a singhiozzo.
Il campo di confronto fu vastissimo: da un lato il Sindacato; dall’altro alcune leggi e la loro interpretazione (dunque anche una magistratura riottosa), e non solo i datori di lavoro e le loro associazioni. Quella battaglia ebbe il supporto di un clima politico favorevole, anzi più che consenziente: non era solo il Centro-sinistra a caratterizzarlo, ma il diffuso spirito sociale di volontà di riforme in senso “socialista”. Il Sindacato era un soggetto autorevole; carismatici i suoi leader; unite le tre sigle confederali. Il mondo del lavoro era costituito essenzialmente da contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato; con il settore industriale egemone rispetto ad altre attività; con la forza lavoro soprattutto costituita da “Cipputi”.
Nessuna di queste condizioni è oggi presente. Avviare una battaglia – della quale ripeto non capisco la finalità ultima – ma sicuramente di carattere politico mi sembra azzardato e pericoloso.
Ci fosse una piattaforma esplicita di obiettivi da cogliere; di accorte forzature (per me legittime ed oramai necessarie) che si intendono dare alle “compatibilità”; della via da percorrere, ci sarebbe da aprire il cuore alla speranza. Si comincia una battaglia di cui il Paese ha veramente bisogno. Al diavolo le condizioni sfavorevoli: si parte.
Ma anche questo non c’è. Temo sia solo un mostrare i muscoli, da entrambe le parti che oggi vanno allo scontro: perché ormai è scontro. Sarebbe folle fare il prossimo passo – la disubbidienza alla precettazione – e poi battere in ritirata. Sarebbe difficilissimo non applicare per intero le sanzioni previste dalla legge 104. In queste ore si capirà. Spero nella ragionevolezza.
A me il Far-West piace solo vederlo nei film: solo lì il “buono” vince “a prescindere”.
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