I pilastri su cui si regge il Jobs Act sono rappresentati dai famosi otto decreti attuativi, con i quali è stata data attuazione a:
- il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti;
- allargamento degli ammortizzatori sociali a tipologie contrattuali che ne erano sprovviste;
- semplificazione e pari opportunità di inserimento lavorativo per le persone con disabilità;
- istituzione dell'Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro (Anpal);
- istituzione dell'Agenzia Unica per l'attività ispettiva;
- creazione della NASPI (Nuova assicurazione sociale per l'impiego);
- favorire l'alternanza tra la scuola e il mondo del lavoro.
Qual 'è stato l'effetto del Jobs Act e cosa dicono i dati?
Uno studio analizza in modo scientifico e rigoroso gli effetti del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti e degli altri aspetti.
Il primo dato che emerge è che nel periodo del Jobs Act (2015-2016 e 2017) è stato un triennio con notevole crescita degli occupati. Secondo l'Istat tra il 2015 e il 2017 sono aumentati di oltre 800 mila unità, con circa 340 mila a tempo determinato con buone possibilità di trasformazione a tempo indeterminato. Le imprese oltre la soglia dei 15 dipendenti hanno aumentato le assunzioni a tempo indeterminato del 50 per cento in più rispetto alle imprese più piccole. In un momento nel quale i problemi seri e gravi dell'Italia sono i migranti che aumentano a dismisura, la stentata crescita economica, l'aumento del debito pubblico, la crisi dell'occupazione, i giovani italiani che emigrano all'estero, la lotta all'evasione fiscale, la guerra dell'Ucraina, l'attuazione del PNRR e i problemi della sicurezza, il geniale Landini, segretario geniale della Cgil, lancia il referendum abrogativo del Jobs Act, del quale nessuno ne sente l'esigenza, perché tale riforma ha solo prodotti frutti positivi in tema di nuovi posti di lavoro.
Un referendum che crea non pochi problemi all'interno del PD della Schlein che senza senza aver meditato sulla vicenda, ha subito aderito alla proposta di Landini. Dimostrando ancora una volta di non avere idee, ma di mettersi subordinatamente al servizio un giorno di Conte del M5S, per il salario minimo, e l'altro al referendum di Landini sul Jobs Act.
Con l'ultima scelta mette in grave imbarazzo tutta una serie di autorevoli personaggi del PD, che il Jobs Act hanno votato e sostenuto, con dichiarazioni che sono difficile da ignorare e confutare. E' pur vero che Petrarca sostiene che "il saggio muta consiglio, ma lo stolto resta della sua opinione", ma mutare senza motivazione è cosa molto imbarazzante e si rischia di essere annoverati nella categoria degli "smemorati". A meno che non si rifanno al filosofo Nietzsche, che sosteneva: " Il serpente che non può cambiare pelle muore. Lo stesso accade agli spiriti ai quali s'impedisce di cambiare opinione cessano di essere spiriti".
Come farà la Serracchiani a sostenere il referendum dopo aver detto: "Il Jobs Act permette l'attuazione di diritti. E' una riforma di sinistra", nel mentre il 2015 evidenziava che con il Jobs Act i contratti di lavoro aumentavano di + 764.129. Oppure, l'on. Misiani, attuale responsabile economico del PD, che all'epoca disse: "I dati del Jobs Act sono li da vedere. Si tratta di un punto di svolta quasi rivoluzionario per il mercato del lavoro". "Sul Jobs Act non è tempo di veti, ne di aut aut", intimava alle opposizioni l'on. Roberto Speranza, nelle vesti di capogruppo del PD alla Camera. Delrio, invece, stretto collaboratore di Matteo Renzi, dichiarò: "Una grande cosa di sinistra, dedicata al lavoro e ai giovani". Il senatore Dario Parrini, giunse a dire: "L'Italia cambierà molto con più lavoro stabile, grazie al governo e al Jobs Act". E Andrea Orlando, spina nel fianco di Renzi, che, a sostegno del Jobs Act, affermava con tono perentorio e vibrante: "Questo governo affronta cose che per molto tempo sono state messe sotto il tappeto, a partire dal tema del precariato".
Tutti questi personaggi, e tanti altri, ora sono invitati a misurarsi con la coerenza. Chissà se staranno pensando al nostro Petrarca, che in materia di coerenza, sosteneva: " Sarò qual fui, vivrò com'io son visso". La Schlein viene accusata di voler cancellare tutto il passato del PD, che considera zavorra tutto quello che è stato fatto prima che arrivasse lei alla guida del PD.
Dalla parte di Italia Viva, si fa rilevare che non siamo più in presenza di casi isolati, ma di una vera e propria strategia, come se una sorta "di gene impazzito delle Frattocchie, la serissima scuola che ha formato il PCI, si fosse impossessato di una classe dirigente abile a sostenere tutto e il contrario di tutto". Si parla degli "Smemorati del Nazareno" che sempre di più si presentano come il "partito che scambiò le posizioni sostenute con quelle che avversava".
La prova elettorale che dirà la verità è l'appuntamento delle elezioni europee del 2024. Da tale risultato si vedrà se la Schlein porterà il PD alla vittoria ed eventualmente governo oppure alla sua emarginazione.